La mostra nasce in collaborazione con l’artista e l’Archivio Santolo De Luca curato da Alice
Rubbini. Nella galleria saranno presenti una particolare selezione di oltre trenta opere,
esclusivi elementi della ricerca storica e stilistica, nonché linguistica dell’artista. Opera
chiave della mostra, che racchiude concetti e particolari suggestioni interpretative, è
proprio “Non Rubare”, incisivo imperativo morale che distingue il settimo comandamento
ebraico/cattolico, monito che attraversa il tempo e ogni cultura, in realtà sempre e
comunque di sorprendente attualità. Non significa soltanto non sottrarre beni altrui, ma innanzitutto farcela, riuscire con i propri mezzi e con il rispetto degli altri e di sé stessi.
La ricerca espressiva di Santolo De Luca inizia a metà degli anni ’80, subito dopo gli studi accademici, per giungere negli anni ’90 alla sua affermazione nella pittura contemporanea italiana e internazionale, e poi spingersi fino all’attualità attraverso la sottile e penetrante ironia che lo contraddistingue, la formale attenzione per i dettagli, l’esclusivo creare volume e tridimensionalità, la luce intensa ed il colorismo deciso, che continuano ad essere parte forte e imprescindibile del suo stile.
L’artista, coerente e unico nel suo metodo espressivo, non si smentisce e in questa occasione, ci pone di fronte a quel suo personale e seducente concettualismo pittorico, che negli anni ’90 fu identificato in “Medialismo” (Gabrele Perretta, Politi Editore, Milano 1993). Movimento artistico italiano, e storicamente l’ultimo (occorre ricordare), formato da due componenti significative: il medialismo analitico, con Maurizio Cattelan tra gli altri, e il medialismo pittorico, in cui emergeva proprio Santolo De Luca “…non a caso posto alla testa di un gruppo di artisti definiti ‘medialisti’” (L’Arte Contemporanea, Renato Barilli, Feltrinelli 2005). Il soggetto “tubetto di colore” compare per la prima volta nel 1998, nella mostra “Spirit and Matter”, personale di Santolo De Luca tenutasi alla galleria Annina Nosei di New York. Il messaggio scritto con la contorsione del pigmento arriva successivamente, attraverso varie evoluzioni, per giungere al colore che definisce il colore stesso e poi oltre, per condurre la riflessione ad una parola dipinta e svelata dal proprio titolo. Sì perché, il concetto non è solo figurazione in De Luca: il titolo è un tutt’uno, è la porta che si apre sulla sagace immaginazione, è l’energia che muove il suo mondo, è input, sorgente intellettuale ed emozionale. Ed il colore, è colore che si nega all’immagine, ma non rinuncia a colorare sé stesso … dipingendosi addosso … le sfumature sono infinite, come i rimandi e giochi di parole, le assonanze verbali e figurative, l’ambiguità semantica, prendono forma e volume, rendono dimensione e voce. Il suo percorso pittorico è, inoltre, ben definito nei testi dell’artista, pubblicati nella rubrica a lui dedicata da AARTIC Magazine (aartic.info – dal capitolo 1 al 9 attualmente), ne “La paura fa ’90, ancora”, una lunga riflessione -work in progress- delineando il suo lavoro e le numerose mostre che costellano la lunga carriera, attraverso gli accadimenti culturali, economici, storico/contemporanei, iniziati nell’entusiasmo degli anni ’90 ed evoluti in questi ultimi trent’anni. Per Santolo De Luca, questa mostra nella Galleria Andrea Ingenito a Napoli, è una delle eccezionali occasioni in cui l’artista riapre il dialogo con la sua città, con le sue meraviglie e le sue contraddizioni, con la sua vibrante energia culturale e popolare, unica in ogni sua manifestazione. La storia lavorativa dell’artista, che nasce a Napoli il 10 luglio 1960, lo vede protagonista in numerosissime esposizioni in Italia, Europa e Stati Uniti, di cui ne ricordiamo alcune maggiormente significative.