Mimmo Paladino (Paduli, 1948), è un artista, pittore, scultore e incisore tra i principali esponenti della Transavanguardia italiana.
Dopo una prima fase di sperimentazione che lo vede applicarsi in tecniche diverse, dal collage alla fotografia, Paladino si dedica principalmente alla pittura, affermandosi come uno dei maggiori rappresentanti della Transavanguardia. Il movimento è teorizzato nel 1980 dal critico Achille Bonito Oliva, ed esplode nella sezione “Aperto 80” durante la Biennale di Venezia dello stesso anno: gli artisti rivendicano un ritorno alla pittura a scapito della smaterializzazione voluta dal Minimalismo e dal Concettualismo. Nella Transavanguardia si trova un richiamo alla memoria e alla citazione, attraverso il ricorso delle Avanguardie storiche. Questi rimandi però restano legati esclusivamente allo stile, i riferimenti poetici, specie in Paladino, sono ben altri: riguardano la riscoperta della memoria profonda, quella dove le forme restano fisse in istanti senza tempo, con spirito quasi metafisico. Il suo lavoro vede spesso un dialogo intenso tra pittura monocromatica e scultura pseudo figurativa, che vede il suo apice nelle installazioni dalle grandi dimensioni, dove sulle tele o pareti dipinte, vengono inseriti oggetti che lo porteranno a realizzazioni in tre dimensioni. Le sue statue sono icone, maschere antiche, geometrizzanti, quasi un alfabeto di segni che tornano in maniera ciclica. Accanto alla pittura, la scultura rappresenta una parte fondamentale della sua produzione: fusioni in bronzo o in alluminio, legni spesso dipinti, rame, ferro e altri materiali. Pur nella loro apparente fissità le opere di Paladino conservano sempre un’ambiguità densa di allusioni. Le maschere senza sguardo, i profili arcaici delle teste, custodiscono valenze emblematiche che sfuggono a un’interpretazione univoca, anzi appaiono custodi di enigmi e misteri. Dal 1980 si dedica a un’altra grande passione, l’incisione, misurandosi con le varie forme dell’acquaforte, dell’acquatinta, della xilografia e della linoleografia. Interviene poi sul territorio, con installazioni per chiese, piazze e palazzi. A fine anni ’80 è chiamato per la realizzazione di un progetto per la chiesa di Gibellina, assieme all’architetto Roberto Serino, nel contesto di una ricostruzione della città coordinata da Arnaldo Pomodoro, dopo il terremoto del 1968. Il sodalizio con l’architetto Serino continua anche in occasione dell’invito, da parte del Comune di Benevento, alla realizzazione di un’opera scultorea per la città, progetto a cui i due lavoreranno congiuntamente per diversi anni e che verrà inaugurato nel 1992. Alla fine degli anni ’90 Paladino realizza altri cicli pittorici, nei quali si rende evidente l’aspetto più problematico della sua ricerca, ovvero il continuo interrogarsi sul linguaggio dell’arte: la geometria, la frammentarietà, la molteplicità e l’accumulazione dei segni. Altro luogo di sperimentazione per l’artista è il teatro per il quale svolge un’attività intensa di scenografo, spesso in coppia con Mario Martone. Come scenografo ottiene il premio Ubu per l’Edipo a Colono. Si cimenta anche nel cinema, sua è la regia del Don Chisciotte: nel 2005 al Museo di Capodimonte di Napoli presenta un lavoro dedicato al personaggio di Cervantes che prelude a Quijote, il lungometraggio diretto dall’artista, con Lucio Dalla nella parte di Sancho Panza mentre Toni Servillo è il cavaliere errante. Dalla sua prima personale nel 1969, presso lo Studio Oggetto di Enzo Cannaviello a Caserta, Paladino è oggi riconosciuto a livello internazionale e le sue opere sono presenti in numerose collezioni pubbliche del mondo.
MIMMO PALADINO
